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    Tumori, Aiom: “In 10 anni 500 studi clinici di fase 1, Italia indietro in Europa”

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    (Adnkronos) – L'Italia si colloca dietro ad altri importanti Paesi europei per numero di studi di fase I in oncologia. Da inizio 2012 a fine 2021, sono state 500 le sperimentazioni di questo tipo nel nostro Paese, mentre nello stesso periodo sono state 960 in Spagna, 873 in Francia, 812 nel Regno Unito e 597 in Germania. Va affrontata l'assenza di organizzazione e di risorse, che spiega la posizione del nostro Paese nel confronto europeo. Il network dei centri di fase I (POINts, Phase One Italian Network for transfer and share), istituito da Aifa (Agenzia italiana del farmaco) nel 2023, è il primo passo per favorire il dialogo e l'interconnessione fra le strutture che possono condurre questi trial e aumentarne il numero perché può migliorare la capacità di arruolamento dei pazienti per offrire nuove cure, la condivisione di esperienze specifiche, le occasioni di formazione, best practice, procedure, competenze, professionalità e personale. È quanto emerge dalla XXII Conferenza nazionale Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), dedicata proprio agli 'Studi di fase I'. L'evento si svolge oggi e domani a Torino e vede la partecipazione di oltre 100 specialisti da tutta Italia. "Gli studi di fase I sono condotti dopo che un trattamento ha già dimostrato il proprio potenziale in laboratorio – spiega Francesco Perrone, presidente nazionale Aiom – Di solito coinvolgono pochi pazienti, spesso meno di 30. L'arrivo della medicina di precisione e dei più innovativi trattamenti anticancro, come l'immunoterapia e le terapie a bersaglio molecolare, ha determinato un profondo cambiamento nel programma di sviluppo dei nuovi farmaci oncologici, in particolare per quanto riguarda la natura e le finalità degli studi di fase I. Oltre allo studio del profilo di sicurezza, tra gli obiettivi di queste sperimentazioni si è affermata la valutazione dell’attività antitumorale e, in qualche caso, si possono osservare benefici clinici anche rilevanti. In un ventennio è aumentato il valore terapeutico degli studi di fase I in oncologia, perché è possibile definire il profilo molecolare e genetico delle neoplasie e vengono coinvolti pazienti in cui si presume che le nuove molecole possano essere efficaci. Pertanto, questi studi sono fondamentali per comprendere meglio la biologia dei tumori, identificare nuovi bersagli terapeutici e sviluppare trattamenti più efficaci. Rappresentano, quindi, il 'primo step' dei trial condotti sulle cure anticancro e sono un importante 'volano' per la ricerca clinica in oncologia".  La Determina n. 809/2015 di Aifa – ricordano da Aiom – ha definito i requisiti minimi necessari per il funzionamento delle strutture sanitarie che eseguono sperimentazioni cliniche di fase I. "La determina ha generato ricadute positive – afferma Giuseppe Curigliano, membro del direttivo nazionale Aiom – L'istituzione di un centro di Fase I è visto come un segno di grande valore della struttura e simbolo dell'impegno nella ricerca, portando i vertici degli ospedali, ma soprattutto gli sperimentatori, ad un'attenzione maggiore in aspetti di qualità e tracciatura dei dati. L'idea di un network è nata dalla constatazione che, nonostante gli sforzi per incrementare la qualità dei centri, molti non riescono a decollare e ad attivare studi, mostrando in modo evidente il divario tra una struttura autocertificata secondo la norma, pronta quindi ad accogliere studi, e la reale capacità di attivarli in pratica. Il network, istituito da Aifa nel 2023, vuole contrastare l'isolamento, mettere in relazione i centri e poter così raggiungere un alto livello di interconnessione".  "Gli studi di fase I – continua Perrone – rappresentano oggi per i pazienti oncologici una possibilità di accedere precocemente a trattamenti efficaci, in grado di migliorare la loro sopravvivenza e qualità di vita. Nel 2024, in Italia, sono state stimate 390.100 nuove diagnosi di tumore. La metà dei cittadini che oggi si ammalano è destinata a guarire, perché avrà la stessa attesa di vita di chi non ha sviluppato il cancro. E' proprio grazie alla ricerca scientifica se siamo riusciti ad ottenere, in molte neoplasie, tassi di sopravvivenza e guarigione impensabili fino a pochi anni fa. Dobbiamo perciò impegnarci per incrementare il numero dei trial di fase I, che al momento sono ancora troppo pochi rispetto a quelli condotti in altri Paesi europei".  Una delle sfide da affrontare è la crescente complessità della ricerca. "I nuovi trattamenti sono caratterizzati da meccanismi d'azione molto sofisticati – sottolinea Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom – Negli ultimi anni abbiamo assistito all'impressionante evoluzione tecnologica dei farmaci sperimentali, passando dalle piccole molecole chimiche ai farmaci biologici e biotecnologici, fino alle terapie avanzate come la terapia cellulare, genica ed ingegnerizzata, che rappresentano le forme più innovative di trattamento attualmente disponibili. Questa evoluzione è stata particolarmente evidente nel settore delle molecole oncologiche, per le quali si è anche assistito ad una crescente complessità degli studi clinici di fase I, talvolta caratterizzati da disegni di fase I/II, rappresentando spesso veri e propri trial registrativi. L'accelerazione nello sviluppo di questi farmaci, giustificata dall'importante bisogno medico non soddisfatto, è accompagnata tutt'oggi dalla crescente complessità dei profili molecolari di alcuni tumori. Da qui l'importanza del ruolo di chi ha responsabilità di valutare e autorizzare gli studi di fase I, richiedendo competenze sempre più qualificate e multidisciplinari". "La partecipazione a uno studio di fase I contribuisce all'avanzamento delle conoscenze sul trattamento dei tumori e i dati raccolti possono indirizzare la ricerca scientifica e migliorare le cure – conclude Di Maio – In Italia, oltre l'80% delle sperimentazioni sulle nuove molecole contro il cancro è sostenuto dall'industria. La collaborazione virtuosa fra clinici, università, istituzioni, società scientifiche e aziende farmaceutiche è strategica anche per il 'sistema Paese'. Le aziende sanitarie che ospitano centri sperimentali godono di un innalzamento dell'assistenza e della crescita professionale del personale coinvolto. Inoltre, allo sviluppo di nuovi farmaci fa seguito una forte utilità sociale, per l'allungamento della vita media dei cittadini". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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